domenica 28 giugno 2009

(Post n. 27) Motoaccensioni











Come molti motociclisti di primo pelo, credo di essermi approcciato all’accensione della moto senza particolari timori dopo aver letto il solito “manuale del proprietario”. In questo prontuario si raccomanda di non tener tirata la levetta dello starter (“choke”) per più di X secondi in estate e di X+Y secondi in inverno, avendo poi l’accortezza di lasciar scaldare il motore per Z secondi, prima di partire.
Purtroppo, come forse molti altri miei amici centauri un po’ “spensierati”, non mi sono occupato granché di questo argomento, e quindi mi è bastata la solita spiegazione generale: “levetta choke tenuta tirata oltre i limiti temporali consigliati dalla casa costruttrice del veicolo = eccessivo riscaldamento e conseguente scolorimento delle marmitte, nonché pericolo del fenomeno di scoppi fuori camera di combustione per innesco di fiamma su residui incombusti presenti nei gas di scarico (afterburning)”.
Ebbene, fosse tutto qui non vi sarebbe gran che da considerare, ma non è affatto così: c’è dell’altro eccome!
A motore freddo ho sempre tenuto tirata la levetta choke ai limiti di tempo X d’estate ed X+Y d’inverno nell’eventualità in cui il motore fosse proprio gelato. In quest’ultimo caso non ho mai riscontrato alcunché di anomalo, ma nel periodo estivo, talvolta, si accendeva per breve tempo la spia dell’olio e la cosa non mi piaceva per niente, anche perché, se riuscivo ad evitare questo fatto con un micro rabbocco, dopo appena una decina di avviamenti la spia si accendeva di nuovo e quindi, stante la presenza di guarnizioni a perfetta tenuta, di certo non si poteva imputare la presenza di quell’anomalia ad avarie della spia o ad insufficienza di lubrificante data da logoramento delle fascette raschiaolio dei pistoni, perché i gas di scarico fuoriuscenti dalle marmitte sono sempre stati pulitissimi in quanto del tutto privi di fumi nebulosi. Come si generavano, dunque, quei brevi micro collassi nel sistema di lubrificazione?
Un simpaticissimo amico motociclista dai folti basettoni mi disse: “Attento a non scaldarla troppo all’accensione o si lava il pistone!” oppure “Vedi? … Mica è come nella mia Dragstar: alla Virago gl’han fatto i tubi di raccolta olio… quelli lì…. che van dalle teste dei cilindri alla coppa… troppo stretti, per cui se la scaldi mentre poggia sul cavalletto laterale o se hai un olio un po’ più viscoso della media, la moto ti fa lo scherzetto di farti accendere la spia dell’olio!”.
Dato che l’accensione della spia era fugace dovevo dunque minimizzare la portata dell’evento e trascurare la cosa? No, non mi andava di comportarmi così: volevo capire bene che cosa stesse esattamente accadendo al fine di riuscire a trovare un rimedio.
Cerca che ti ricerca senza successo in Internet, alla fine capitai di fronte ad un vecchio testo di pratica meccanico-motociclistica amatoriale: “La tua moto – Meccanico fai da te – Teoria e pratica” in formato pdf. Testo provvidenziale: lo avessi letto prima di accingermi ad effettuare la prima accensione della mia moto! Ma per fortuna non avevo ancora combinato irrimediabili guai, per cui mi sono subito messo in stato di “salvezza”!
A pag. 55 di quel testo, il paragrafo “Consigli generali” mi ha svelato tre cose interessanti circa l’accensione di una moto:
1) se il veicolo è spento da almeno ventiquattro ore (o anche un po’ meno, se il luogo di stazionamento del veicolo fosse caldo) la vaschetta del carburatore, in cui viene raccolto il carburante proveniente dal serbatoio, potrebbe essersi vuotata a causa dell’evaporazione del carburante stesso. Di conseguenza il motore potrebbe non avviarsi al primo colpo, inducendo così il sospetto di incipienti problemi di ruota libera, in realtà inesistenti.
Per evitare questo inghippo ed il conseguente equivoco appena descritto, il rimedio è semplicissimo: prima dell’accensione inclinare leggermente la moto, per almeno due secondi, sul lato del carburatore al fine di riempirne forzatamente la vaschetta;
2) … “lavaggio dei cilindri” (il famigerato “lavaggio del pistone” cui si è accennato sopra): la levetta “choke” non va affatto intesa come una panacea per ogni avvio, bensì come una necessità dai possibili risvolti pericolosi, in quanto essa determina, all’accensione, un elevato regime di giri, che, a condizioni di olio freddo e miscela più ricca di combustibile, tende a “lavare” via, dalle pareti dei cilindri, quell’utilissima pellicola di olio rimasta su di esse dopo l’ultimo spegnimento del motore, così da produrre una drastica carenza di lubrificazione che può portare al cosiddetto grippaggio, cioè ad una rovinosa abrasione tra cilindri e pistoni con conseguente blocco del motore.
Quindi i limiti temporali di posizione d’apertura della levetta choke andrebbero raggiunti soltanto nel disperato tentativo di mantenere acceso un motore che non volesse tenere i giri al minimo nemmeno con il solo utilizzo dell’acceleratore.
In pratica, tutte le improvvise accensioni estive di spia dell’olio, verificate sulla mia moto appena dopo l’avviamento a freddo ed a choke completamente tirata, erano forse segnali di incipienti microgrippaggi da “lavaggio dei cilindri”?! Meglio non rischiare!
Occhio – mi son detto – : levetta choke tirata, accensione e... se i giri arrivassero subito troppo in alto (: attorno ai 2500), spostare immediatamente la choke fino alla chiusura dello starter cercando al contempo di mantenere acceso al minimo il motore, se questo non tenesse il minimo da sé, con una lievissima tensione sull’acceleratore. La logica è infatti quella di fare avviare un motore freddo mantenendolo (così come fa una centralina elettronica attuale attraverso le informazioni che le giungono dalla sonda lambda) al minor numero possibile di giri e con la miscela meno ricca possibile di carburante, per dar tempo all’olio di scaldarsi e distribuirsi uniformemente prima che l’olio ancora aderente ai cilindri venga “lavato via” dai pistoni.
3) Il famoso tempo Z, oltre il quale non andare per realizzare il giusto riscaldamento, da fermi, del motore di una moto, che senso ha?
Non si sta parlando di moto con radiatori dotati di ventola: si parla di veicoli rudi, con cilindri aventi, quali dissipatori passivi di calore, grosse teste di ghisa alettate. E’ poi il movimento del mezzo che porta, a queste masse roventi, rinfrescanti flussi d’aria. Si è già detto, al Post n. 7, cosa succede a questi motori, quando, dopo averli utilizzati, li si spegne: scricchiolano sonoramente perché, raffreddandosi molto in fretta, si contraggono di volume.
Ora, è ovvio che queste strutture non sono dei monoblocchi, bensì una serie di pezzi di metalli diversi saldamente imbullonati tra loro. Quindi, col passare del tempo, se le escursioni termiche tra stati di quiete e stati di funzionamento fossero eccessive, la struttura andrebbe incontro a cedimenti più rapidi e più gravi.
Non far scaldare al massimo il motore tenendo per lungo tempo accesa la moto da ferma, ma completare tale riscaldamento nel primo tratto del viaggio, procedendo a moderato regime di giri, evita picchi di temperatura e stress meccanici, allungando la vita del veicolo.
[Nella prima foto di questo post, un particolare della mia Virago 1100, lato carburatore; nella seconda foto una fila di custom parcheggiate al Lido Po di Guastalla durante il tredicesimo motoraduno Ride With Pride.]

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