sabato 11 aprile 2009

(Post n. 9) Ginnastica mentale



Tante se ne sono dette su questo tipo di contesa: alcuni hanno parlato di gioco, altri di scienza, altri ancora di arte, ma, alla fine, pare che tutti si siano trovati d’accordo nel dire che gli scacchi, in fondo, sono “soltanto” uno sport. Perché? E' presto detto: del gioco, gli scacchi non hanno di certo la spensieratezza né tantomeno l’alea; della scienza, poi, essi non hanno un campo inesplorato di fronte e certezze alle spalle; infine, dell’arte, gli scacchi non hanno affatto la predilezione per la forma poiché mirano soltanto alla sostanza delle cose, cioè alla vittoria nella lotta di cui sono oggetto. Non resta, quindi, che definirli uno sport cerebrale, cioè qualcosa che impegna la mente in continui ed esasperati sforzi profusi per realizzare un’impeccabile analisi logica di svariati assetti di partita al fine di raggiungere la matematica certezza di agire in modo tale da evitare la sconfitta.
E’ vero, la cosa è incredibilmente buffa: a scacchi si gioca per vincere tuttavia, se la partita fosse condotta in modo impeccabilmente logico da ambo le parti, si giungerebbe soltanto a parità poiché tutto, in essi, è palese. Quindi la verità è che negli scacchi si paga ogni sbadataggine, anche la più lieve; per questo motivo le sconfitte possono facilmente stimolare il desiderio di perfezionarsi.
Di libri interessanti che insegnano a pensare scacchisticamente in modo logico, ne ho visti moltissimi, ma quello che tuttora mi risulta più utile e confortante è “Strategia e Tattica nel gioco degli Scacchi”, di Enrico Paoli: questo testo è di una chiarezza e di una sistematicità, per me, quasi assolute. Comunque, se voleste saperne di più, chiedete pure e, se desideraste provare subito a giocare con qualcuno, penso che http://www.scacchisti.it/ possa essere, per chiunque, un buon inizio.
Nota: nella foto… il tempo (: orologio di partita), lo spazio (: la scacchiera), il materiale (: pedoni e pezzi) … immortalati nella posizione della variante Nimzowitsch della difesa francese, dopo 6. bc.

3 commenti:

  1. Ciao, ero messo molto peggio di te, poi ho trovato il libro di cui ho parlato nel post e sono entrato nella logica armoniosa (è il caso di dirlo) dello sviluppo della partita.
    Gli scacchi sono piuttosto complicati in apertura, terribilmente intricati nel mediogioco, ed estremamente semplici nel finale, ma siccome non si prestano ad essere "giocati anacronisticamente", non resta che studiarne separatamente le tre fasi di partita e poi affrontarli per come essa gradualmente si sviluppa.
    Le aperture hanno avuto un'immensa inquadratura enciclopedica ed una descrizione strategica molto accurata ed avvincente ad iniziare da poco più di un secolo fa, per cui su di esse, ora, resta ben poco o quasi nulla di nuovo da analizzare e teorizzare. Quindi, con un buon esercizio di memoria e di logica, le si può affrontare abbastanza serenamente come casi scolastici e di "scelta culturale".
    I finali sono molto "matematico-geometrici" e la loro gestione, studiata fin da epoche remote, è ovviamente la più semplice.
    Di veramente difficile resta, quindi, soltanto il mediogioco. Esso somiglia abbastanza al "regno dell'arte": per gestirlo bene bisogna sviluppare una particolare sensibilità, perché i suoi equilibri di forze sono così delicati che ogni minima svista, anche la più insignificante, potrebbe risultare "fatale". E' in questa fase della partita che si ragiona e si calcola veramente a fondo, sentendo il brivido dell'ignoto ad ogni passo. Al riguardo, infatti, non vi sono opere sistematiche, bensì testi che riportano raccolte di geniali brillantezze, prodotte dalle più belle menti di questo agone, a partire da alcuni assetti di partita che costituiscono soltanto un'infinitesima parte di tutte le possibili posizioni di fine apertura.
    Insomma la partita a scacchi andrebbe saggiamente concepita come una lotta con sè stessi per cercare di vedere oltre le apparenze, comprendendo appieno i termini di una situazione altrimenti oscura ed enigmatica. E'come cercare di conquistare uno stato di illuminazione intellettuale a livello pienamente "umano", cioè senza necessariamente trasformarsi in un freddo calcolatore biologico di probabilità.
    Questa, lungo il confine tra olismo e determinismo, è la storia narrata per sommi capi: se poi tu desiderassi riferimenti specifici ad ulteriori fonti letterarie e software, non hai che da chiedere.

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  2. Anche la dama è interessante, è soltanto maggiormente "spigliata"; ma se un giorno ti venisse voglia di esaminare qualcosa di più intrigante e meditativo, penso che gli scacchi potrebbero appassionarti.

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  3. Ok, compatibilmente coi vari impegni... nessun problema.

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